L’antica Ferrata Bepo de Medil è una ferrata poco frequentata e in scarso stato di manutenzione. Risale una stretta gola che dalla Valle del Vajolet ci conduce alla Pala di Mesdì e successivamente alla Valle del Larsec. L’itinerario è per escursionisti esperti e serve piede fermo sia nei tratti attrezzati che nella parte superiore del percorso. I panorami dalla vetta sono stupendi sul Catinaccio e gli altri principali gruppi dolomitici della Val di Fassa.
Il punto di partenza dell'itinerario è il Rifugio Gardeccia nella Val del Vajolet, valle parallela alla Val di Fassa (Trento) ma interdetta al traffico privato.
Per raggiungere il Rifugio ci sono alcune opzioni:
Raggiunto il Rifigio Gardeccia (1949 m) si hanno due opzioni per raggiungere la gola in cui si sviluppa la Ferrata Bepo de Medil:
Da quella palina si stacca un sentiero in direzione nord est in direzione delle bastionate. Questo sentiero non è segnalato nella palina e – al tempo della visita – sembrava ostruito da un muretto di sassi a indicarne la chiusura. Da questo punto segnalato da alcuni sporadici bolli rossi inizia la Ferrata Bepo de Medil.
Dopo la palina si percorre sempre in salita un tratto di sentiero che aggira uno spallone roccioso e ci presenta davanti a noi la gola in cui si sviluppa la Ferrata Bepo de Medil. La parte iniziale di questa gola è ampia ma franata. La traccia che seguivamo in salita non è presente e serve molta attenzione a rimontare la frana, a tratti decisamente instabile. Si sale in affanno ma guadagnando quota. Passata la parte più instabile della frana noteremo alcuni segni rossi datati che ci indicano di addentrarci all'interno di una stretta gola dove in breve incontriamo funi metalliche che inizialmente ne costeggiano il lato destro. Proseguiamo in salita fino a un passaggio più ostico degli altri tratti attrezzati. Un grosso masso ostruisce la via e dovremo risalire un balzo di un paio di metri. Questo tratto ci presenta anche l’unica staffa della via posizionata tuttavia in modo scomodo sul lato sinistro. Servirà risalire questo tratto con un po' di agilità e forza. Proseguiamo in salita sempre all'interno dell’angusta gola senza particolari difficoltà tecniche fino alla conclusione della fessura in prossimità di un diedro verticale ma ben appigliato.
Usciamo dalla gola (30’ dall’attacco – 1h 45’ totali) e ci troviamo un paesaggio brullo davanti a noi. Dovremo seguire una esile traccia su fondo detritico che sale in direzione nord est verso la Pala di Mesdì. Qui dovremo prestare attenzione a due passaggi non protetti degni di nota: un passaggio ci chiede di scendere in un intaglio poco stabile per poi risalire sul versante opposto prestando molta attenzione al fondo detritico, e un tratto di cresta esposta.
Arriveremo a una forcella (20’ dal termine della ferrata – ca 2h totali) in cui avremo due opzioni:
Per il rientro dovremo innanzitutto dalla forcella scendere in direzione est verso la valle del Larsec. Questa discesa avviene per traccia su fondo detritico abbastanza instabile e soprattutto nella parte centrale potrebbero essere utili dei bastoncini telescopico per mantenere l’equilibrio. Raggiunta la valle del Larsec noteremo una traccia più marcata che taglia la valle e qui avremo due opzioni:
Sono utili parecchie note su questa escursione. La prima è legata allo stato del sentiero. Il sentiero è sostanzialmente chiuso avendo rimosso ogni indicazioni per raggiungerlo e di fatto eretto un piccolo muretto di sassi a segnalare questo stato. Nell’aspetto pratico tuttavia si può percorrere. Bisogna tenere in considerazioni che lo stato delle attrezzature metalliche presenti è un sostegno psicologico ma sono datate e in parecchi punti lasche a tal punto da forse non essere utili in caso di effettiva caduta. La gola in cui si sviluppa il tratto attrezzato è instabile, come lo testimoniano i tratti franati da risalire, e questo deve alzare il livello di attenzione. Assolutamente necessario il caschetto viste queste premesse. Ultimo aspetto relativo alla parte attrezzata, si può trovare neve anche in stagione inoltrata.
Usciti dalla gola in cui si sviluppano i tratti attrezzati si percorre un sentiero in quota dove è necessario seguire la traccia vista la scarsità di segni presenti. Un passaggio non protetto nei pressi di un canalino franoso è probabilmente il più esposto e pericoloso dell’escursione. Richiede passo fermo e assoluta mancanza di vertigini.
Con questi aspetti a sconsigliarne la scelta, va detto che il sentiero si sviluppa in uno dei pochi angoli del Catinaccio poco frequentati e la vista dalla parte alta del percorso è di assoluto valore su tutto il gruppo e sulle altre cime circostanti.
La Ferrata è dedicata a Giuseppe De Silvestro - detto Bepo de Medil - che è stato lo storico fondatore e gestore del Rifugio Gardeccia vicino Pozza di Fassa. Bepo costruì assieme al padre il rifugio e attrezzò una via ferrata che dal versante ovest risale le pendici della Pala di Mesdì. La via risale al 1930 e, come evidente lungo il percorso, la manutenzione risale a molti anni fa con infissi danneggiati da scariche di sassi e da neve e ghiaccio che si protraggono fino a stagione inoltrata.
La Ferrata Bepo de Medil si sviluppa in uno degli ambienti più austeri ma allo stesso tempo affascinanti del gruppo del Catinaccio. Può essere percorsa anche in discesa prestando ancora più attenzione. E’ abbinabile come indicato in relazione al Sentiero Attrezzato delle Scalette oppure dal Passo Pope si potrebbe proseguire in direzione nord verso il Catinaccio d’Antermoia e percorrere la sua ferrata. Sempre restando nella parte nord del Catinaccio si potrebbero percorrere la Ferrata Laurenzi oppure la Ferrata Maximilian. In questo caso sarà necessario pernottare in uno dei rifugi presenti vicino al Lago d’Antermoia o al Passo di Tires.
Se si scende nella Valle del Vajolet si potrebbero percorrere alcune vie più semplici: la Ferrata al Passo Santner, la Ferrata Masarè oppure la Ferrata Roda di Vael.
In una giornata differente, ci si potrebbe spostare verso il Passo di San Pellegrino per percorrere due vie: la Ferrata Bruno Federspiel e la Ferrata Bepi Zac.
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Filippo Rosi
09/03/2019 alle 17:49La ferrata è un po’ abbandonata ma il giro merita. Un passaggio piuttosto insidioso alla fine della ferrata. Per il resto panorama da foto sul catinaccio.